LA FAVOLA DELLA MAMMA CHE URLAVA SEMPRE

La favola di questa settimana è dedicata a tutte le mamme che hanno urlato con i loro piccoli, almeno una volta.

Può capitare che stanche e affaticate, le mamme perdano la pazienza. Possono non volerlo fare, ma trovarsi ad URLARE come streghe, vinte dalla stanchezza e dallo stress. E capita anche che quelle stesse mamme si sentano in colpa, verso i loro piccoli.
Eppure spesso non è grave come sembra.
Molte volte è sufficiente accettare di non essere una super mamma, sempre sorrisi e pazienza, ma una mamma che ce la mette tutta, e a volta urla. A volte aiuta riderci sopra, insieme ai nostri bambini.

La piccola Elena sarebbe una bella bambina, se non avesse due orecchie a sventola grandi così.

I compagni la prendono un po’ in giro, ma Elena non se ne preoccupa: passerà, pensa lei. La ragione di quelle orecchie enormi è che la sua mamma URLA sempre.

Elena LAVATI;

Elena VESTITI,

Elena FAI LA CARTELLA,

ANDIAMO IN PISCINA Elena,

PRESTO Elena CHE E’ TARDI,

Elena FAI COLAZIONE,

Elena FAI IL BAGNO ,

PETTINATI Elena

E così – un giorno dopo l’altro – a forza di sentire tutte quelle urla, le orecchie di Elena sono diventate sempre più grandi. A 3 anni andavano dal mento alla fronte; a 4 anni le toccavano le spalle e a 5 anni Elena le faceva girare intorno alla testa, come un cappello.

“Sono un po’ preoccupata,” disse la mamma un giorno al dottore che visitava la sua bambina. Anzi, non lo disse: lo urlò: “SONO UN PO’ PREOCCUPATA!” gridò al medico che visitava la sua bambina. “HA DUE ORECCHIE ENORMI, SE VA AVANTI COSI’, TRA UN PAIO D’ANNI TOCCHERANNO PER TERRA.”

Il medico che non era abituato a tutte quella urla si tappò le orecchie.

“Per favore, non urli così: verranno gli orecchioni anche a me!” E in quel momento – finalmente – la mamma di Elena capì che le orecchie della sua bambina crescevano perché lei urlava troppo. “Devo smettere,” disse a sé stessa e lo disse piano: senza urlare. La bambina si girò di scatto spaventata e la mamma le fece un bel sorriso. “Ho capito che le mie urla ti danno fastidio,” disse la mamma a bassa voce. E da allora ci sta provando: ogni tanto le riesce e parla piano, ogni tanto URLA ANCORA.

Ma Elena le vuole bene lo stesso.

 

IL SINDACATO DEI FRATELLI MAGGIORI

E' normale che l'arrivo di un fratellino generi difficoltà e gelosie nei maggiori. Si tratta però di aiutarli ad esternare a parole il senso di malessere che questo provoca, senza dimenticare il grande arricchimento che viene dal rapporto con un fratello minore.

Tutti i fratelli maggiori, i figli primogeniti delle famiglie che abitano nel mio palazzo, si sono ritrovati in cortile questo pomeriggio, per decidere come organizzarsi.

Non è un segreto per nessuno: i fratelli maggiori sono vittime dei loro fratelli minori. I piccoli gli rubano i giochi, gli rubano il tempo con la mamma e papà e soprattutto li imitano sempre; e i fratelli maggiori questo proprio non lo sopportano.

Così, tutti riuniti in cortile, architettano un piano: “Faremo un sindacato,” dice Simone, il cui papà lavora in fabbrica e il sindacato ce l’ha davvero. “E eleggeremo i nostri rappresentanti.”

“Ci vuole qualcuno che sia come noi: che abbia sofferto per colpa dei fratelli minori.” Dice Elena, la prima di 4 sorelle.

“Si, qualcuno che capisca cosa si prova ad essere messi da parte, quando arriva un piccolino.”

“A prendere sempre la colpa di tutto.”

“Ad essere sempre sgridati per qualsiasi cosa, solo perché siamo più grandi.”

E mentre parlano, discutono e si danno ragione, pensano che forse dovrebbero partire: andarsene lontano.
“Allora la mamma sarebbe dispiaciuta..”
“Magari sgriderebbe il fratello piccolo, invece di difenderlo sempre.”

“Noi potremmo prendere un’astronave..”
"Andare lontano: vedere lo spazio..”
“Io vorrei atterrare su Marte.”
“Anch’io…”

I fratelli maggiori discutono e sognano. Già si vedono a compiere impresa meravigliose, degne di grandi eroi come loro sentono di essere.

“E quando torneremo a casa, papà e mamma ci porteranno in trionfo: saranno fieri di noi.” Dice Davide, fratello maggiore del piccolo Giulio.
Poi però pensa a Giulio: chissà come lo guarderebbe ammirato. Giulio che vuole sempre stare con Davide.
E anche Elena pensa alle sue sorelline. In fondo su Marte ci vuole andare, ma vorrebbe che anche le sue sorelle venissero.

Tutti hanno lo stesso pensiero, ma restano zitti. Solo Marco ha il coraggio di parlare.
“Io veramente ci vorrei portare mia sorella su Marte.”
“Anch’io,” dice Elena e anche gli altri.

Ma i fratelli piccoli non erano insopportabili?
Un po’ è vero, ma sono anche simpatici e ci vogliono bene. E allora?
“Faremo un sindacato per poter giocare in cortile giochi da grandi, senza i piccoli tra i piedi,” dice Simone.
“Ma il giorno che decolliamo per Marte, li portiamo con noi.”

 

 

 

PER CHI NON VUOLE DORMIRE NEL SUO LETTO

Capita che per un periodo più o meno lungo il bambino non voglia dormire nel suo letto: perché ha paura del buio o dei mostri, oppure perché fa brutti sogni.

Piano piano - con morbidezza ma in modo fermo - occorre riportarli a dormire nel loro letto.
 
C’era una volta una fragolina selvatica che non voleva mai dormire nel suo letto.
“Stanotte c’è vento,” diceva e si accomodava tra le foglie di un cespuglio.

“Stanotte la luna è piccola,” e si sdraiava alla luce di un lampione.
“Stanotte sento ululare i lupi,” e si addormentava tra ai fili d’erba che chiacchierano sempre, anche di notte.
Tutte le mattine la sua mamma doveva andare a cercarla. “Ma Fragolina, perché non dormi mai nel tuo letto?”

“Non mi piace,” rispondeva la piccola fragola. “Mi sento così sola.”
Allora la mamma fragola le preparò una sorpresa: vicino al suo letto fece piantare un cespuglio di campanule bianche.

“Ogni notte queste campanule ti terranno compagnia,” disse a Fragolina. “Ti racconteranno una favola per farti addormentare e la mattina ti sveglieranno con il loro suono dolce."
E lo sapete che fece Fragolina?
Da quella notte dormì sempre nel suo bel lettino circondato da campanule.

LA MIA AMICA E’ SPECIALE: IO NON LA PRENDO IN GIRO

Non è semplice educare i bambini per far loro capire che chi è diverso non merita per questo di essere preso in giro. Eppure il mondo che ci circonda è pieno di diversità e di ricchezza. Guidarli sin dai primi anni è molto importante, per spostare la prospettiva e rendere più aperto e meno conformista il loro sguardo sul mondo

Due ranocchi dispettosi giravano per lo stagno prendendosi gioco di tutti i suoi abitanti.

“Guarda quel fungo.. che testa grossa” e ridevano

“E quel sasso, l’hai visto.. è così grasso.”

Per ognuno avevano qualcosa su cui ridere: i pesci dello stagno, gli uccelli e perfino le piante e il muschio.

Passarono di lì una libellula e una rana. Subito i ranocchi si misero a prendere in giro la libellula, con quel suo lungo corpo affusolato e le ali che si muovevano velocissime.

“Come sei brutta,” le disse un ranocchio.

“E come muovi male le ali: fanno un rumore orribile..”

“Certo,” disse il primo, “servono ad avvisare tutti che stai arrivando, così gli insetti possono scappare, per non vedere la tua brutta faccia.”

La libellula non sapeva che dire: invece che rispondere restò zitta, si girò dall’altra parte e corse via con gli occhi pieni di lacrime.

“Stupidi ranocchi,” li sgridò la rana. “Perché avete preso in giro la mia amica?”

“Abbiamo dovuto, farlo,” dissero loro ridendo. “E’ brutta e sarò certo anche antipatica,” disse uno. “Forse stupida,” aggiunse il secondo.

“Gli unici stupidi in questo stagno siete voi. Quella libellula è un insetto dolce e simpatico. Racconta storie divertente e suona benissimo la chitarra. In più prepara delle pizze saporite e d’estate organizza delle bellissime feste nella sua casa.”

 

I ranocchi si guardarono.. forse erano stati stupidi. Prendere in giro una libellula che avrebbe potuto diventare una buona amica.

“Non le avete neppure parlato. Correte a chiederle scusa e ricordatevi che gli insetti dello stagno sono tutti speciali: prenderli in giro è da stupidi!”