IL VAGONE CHE AVEVA PAURA DELLE NOVITA'

Spesso i bambini sono disorientati dalle novità o dai cambi di programma. Come dargli torto? Non sanno mai cosa aspettarsi, cosa hanno organizzato per loro genitori, baby-sitter e maestre. L'unico modo per rassicurarli e anticipare come si svolgerà la giornata.

C’era una volta un treno fatto di tanti piccoli vagoncini. Uno di questi era un vagone rosso brillante, con una striscia blu su un fianco. Anche se era piccolo, non aveva nessuna paura di correre lungo i binari e seguiva veloce la sua mamma Locomotiva, ovunque lei andasse.

Le cose andavano molto bene fino al giorno in cui la mamma si fermò in una grande stazione.

“Siamo arrivati, ragazzi.” Disse ai suoi vagoni. “Adesso dobbiamo separarci. Ognuno di voi segua una nuova locomotiva.” Il piccolo vagone sentì subito un forte mal di pancia: “Io non  voglio andare con un’altra locomotiva. Voglio stare solo con te.” La mamma locomotiva sorrise.

“Non preoccuparti, piccolo mio. Adesso vai e ci vediamo stasera: io ti racconto cosa ho fatto durante il giorno e tu mi dirai cosa hai visto e dove sei stato tu.”

Ogni mattina il piccolo vagone ubbidiente seguiva una locomotiva e viaggiava e vedeva cose nuove e belle e ogni sera le raccontava alla sua mamma locomotiva. Eppure c’era qualcosa che non gli piaceva e lo rendeva triste. “Che ti succede, piccolo vagone?” Gli chiese  una sera la sua mamma, mentre gli rimboccava le coperte.

“Non mi piacciono le cose nuove, che succedono all’improvviso: io non so mai cosa capiterà durante la giornata e questo mi rende triste..”

“Capisco,” disse la mamma, “ma forse ti posso aiutare. E ogni sera prese a raccontargli cosa sarebbe accaduto il giorno dopo: “Oggi andremo insieme alla stazione. Tu lascerai la città con la locomotiva azzurra e andrete a vedere un prato pieno di fiori. Lì mangerete un bel pranzetto e poi tornerete in stazione, dove ci sarò io ad aspettarti.”

E così la locomotiva mamma prese l’abitudine di raccontare al suo piccolo il programma della giornata successiva, perché questo lo faceva sentire calmo e tranquillo.

I DISASTRI DI BABBO NATALE

Bambini scatenati, scalmanati, pasticcioni e combina guai... bambini che ogni cosa che toccano.. eppure (anche se sembra difficile crederlo) vorrebbero essere diversi: più attenti, più bravi, meno vivaci e pasticcioni.. Perché non far loro sentire che anche a Babbo Natale può capitare di combinare disastri?

Angelo è triste. Oggi ha combinato un sacco di pasticci e la mamma l’ha messo in castigo. Pazienza direte voi. Non proprio, dice lui. Stanotte arriva Babbo Natale e di sicuro non gli porterà nessun regalo. Angelo si dispera. “Potevi pensarci prima,” dice la mamma.

A mezzanotte Angelo sente un rumore, come se qualcuno avesse rotto un vetro; così si alza dal letto e va a vedere. In sala da pranzo trova Babbo Natale per terra: intorno a lui c’è una montagna di piatti rotti.
“Oh mamma, che hai combinato?” Gli chiede Angelo.

“Zitto,” dice Babbo Natale. “Vuoi svegliare tutta la casa? Aiutami ad alzarmi piuttosto.” Angelo gli da una mano, ma Babbo si appoggia ad uno sgabello e per il troppo peso una gamba si rompe. “SSSShhhh!” lo implora Babbo Natale. Finalmente si alza ma da uno dei suoi stivali esce del liquido.
“Cos’è quello?” Chiede Angelo..

“Oh no. La mia bottiglia d’acqua: l’avevo messa lì perché le renne non la bevessero. Deve essersi aperto il tappo.” Angelo corre a prendere un asciugamano.
“Passa qui,” dice Babbo Natale, ma nel girarsi scivola e casca addosso all’albero di Natale, buttandolo a terra.

“Sei sicuro di essere Babbo Natale?” Chiede il bambino.
“Sicurissimo. Perché?” ma mentre si gira, inciampa nel tappeto.
“Stai fermo lì,” dice Angelo. “Non ti muovere.” Veloce mette a posto l’albero, toglie lo straccio pieno d’acqua e già che c’è sistema i cuscini sul divano.

“Non so che mi succede,” dice Babbo Natale alzandosi, ma nel farlo si appoggia alla tovaglia e butta per terra tutte le cornici di mamma, anche quella con la foto del matrimonio, il vaso con la stella di natale  e perfino il cestino delle caramelle.
"Non immaginavo che tu fossi così pasticcione,” dice Angelo.

“Hai ragione: cerco di tenerlo segreto.”
“Capisco,” dice Angelo, ma dentro di sé sorride. “Forse anche da piccolo eri così?”

“Certo,” lo rassicura Babbo Natale, “ma crescendo sono peggiorato.”
Angelo si sente meglio. “Adesso vai,” gli dice. “Chissà quante altre case devi ancora visitare.” Babbo Natale è contento: lascia un po’ di regali per Angelo e i suoi fratelli e scompare veloce fuori dalla finestra.

Il bambino mette tutto a posto, ma per la prima volta non gli dispiace: adesso sa che anche le persone pasticcione possono diventare grandi, buone e importanti, come Babbo Natale.
 
 

IL PELUCHE CHE NON VOLEVA SEPARARSI DALLA SUA PADRONICINA

Il distacco dalla mamma può rappresentare un momento di grande difficoltà per un bambino che inizia la scuola materna; spesso è utile permettergli di portare con sè un oggetto, magari un piccolo peluche. L'obiettivo - pian piano - sarà aiutarlo a prendere le distanze anche da questo oggetto a cui si sente legato, per avvicinare gli altri: bambini e insegnanti.
Attraverso i sentimenti del piccolo cane di pezza, il bambino potrà dirci quando si sente in grado di fare il primo passo per avvicinarsi ai suoi nuovi amici.

Questa è la storia del peluche Tigre, un cane di pezza grigio e bianco, che stava sempre con la sua padroncina: una bambina di nome Lara.

Insieme giocavano e ridevano e si davano tantissimi baci morbidi e non volevano mai separarsi. Purtroppo però il tempo passava e mentre Tigro restava sempre uguale, Lara cambiava e cresceva; prima diventò una bambina grande, poi una ragazza e alla fine una donna e il nostro amico Tigro venne messo a dormire in una scatola.

Un giorno però accadde qualcosa di davvero speciale: Lara diventò la mamma di una bambina bellissima, la piccola Viola. Potete immaginare come si sentì il piccolo Tigre, che da anni stava rinchiuso in quella piccola scatola? Quando Lara lo andò a prendere, lui era talmente felice che saltava e rideva e non stava più nella pelle: presto avrebbe giocato con una nuova amica.

Viola in effetti gli voleva molto bene e lo cercava sempre: dormiva con lui, mangiava con lui e con lui andava a spasso e guardava la televisione.

Un giorno la mamma la chiamò: “Viola,” le disse, “da domani andiamo alla scuola materna, perché stai diventando una bambina grande.” Il piccolo Tigro si mise a piangere: era così triste perché aveva paura di restare solo di nuovo e che Viola si dimenticasse di lui. Ma Viola lo prese in braccio e gli fece tante carezze sulla testa e tanti grattini sotto la collo, proprio come piaceva a lui.

“Tigro, non aver paura..” Gli spiegò Viola. “Io sarò per sempre la tua amica e non ti lascerò mai. Anzi – faremo così – per un po’ verrai con me a scuola a farmi compagnia: vedrai l’asilo e incontrerai i miei amici e le maestre. Quando ti sentirai pronto, mi aspetterai a casa perché io devo incontrare tanti bambini e fare amicizia e giocare con loro. A bene?”

Tigro si asciugò le lacrime. “Posso decidere io quando venire a scuola e quando stare a casa?”

“Certo,” disse Viola. Da quel giorno tutte le mattine, prima di uscire, Viola chiedeva al suo cucciolo: “Oggi che fai Tigro?” e il cucciolo la accompagnava sempre.

Poi un giorno disse: “Viola, stamattina sono stanco; resto a letto a pisolare.” E Viola se ne andò da sola alla scuola materna e incontrò tanti bambini con cui giocò e si divertì moltissimo.

PERCHÈ SONO TRISTE?

Una delle cose più difficili nel mestiere di genitori e di insegnanti è aiutare i bambini a parlare, esprimendo paure e difficoltà. Può venire in aiuto la favola di Romolo, cane malinconico e del suo piccolo amico che si chiede (e ci chiede) perchè? Da dove nasce la tristezza di questo cane?
Proviamo ad ascoltare che ne pensano i nostri bambini: ci daranno informazioni importanti sul loro mondo emotivo segreto.


Oggi il mio cane Romolo è strano.

Sdraiato per terra da ore, guarda fuori dalla finestra: non abbaia, non corre; non ha neppure voglia di giocare con me,

“Mamma” chiedo. “Cos’è successo a Romolo?"

La mamma si siede vicino a me e accarezza Romolo. “È triste,” mi spiega.

“E perché?” voglio sapere io.

“Chissà, forse ha ricevuto una brutta notizia: forse un suo parente in Australia si è ammalato, oppure ha smesso di andare a caccia di canguri.”

“Ma mamma: come potrebbe saperlo Romolo? Non ha mai ricevuto una lettera o una telefonata.”

“Questo è vero,” ammette lei. “Allora forse è stata la barboncina del terzo piano: magari ha deciso di lasciarlo, per sposare un cane lupo.”

“Ma mamma: i cani non si sposano. Come possono lasciarsi?”

“Giusto!” Ha detto lei. “Eppure guardalo,” ha aggiunto. “Basta osservarlo un attimo per accorgersi che è terribilimente triste.”

La mamma ha ragione e anche se non piange, gli occhi di Romolo sembrano pieni di lacrime.

“Vado a prendergli un biscotto. Torno subito.” La mamma e Romolo mi aspettano in silenzio, senza muoversi.
Quando torno, la mamma mi fa una domanda.

“Secondo te, perché è triste Romolo?”

Io ci penso un po’ su e poi mi viene un’idea.
“Forse è successo qualcosa prima, quando eravamo ai giardini. Magari ha litigato con un suo amico. Aspetta, ora mi ricordo: ha avuto da ridire con un pastore tedesco.”

La mamma non dice nulla.

E invece, secondo te, perché è triste Romolo? Prova a pensare cosa poò essergli successo...

CAROLINA DICE SEMPRE BUGIE...

Nelle bugie dei nostri bambini ci sono tante invenzioni interessanti, messe insieme con uno o più obiettivi; senza limitarci a sanzionarli o a punirli, è importante saperli ascoltare per cogliere cosa si nasconde tra le loro parole.
Il primo passo è aiutare il bambino a capire che è apprezzato e che gli vogliamo bene; e naturalmente che la fantasta e le bugie sono diverse dalla verità, in modo che comprenda sin da subito che vanno distinte.

Carolina è una bambina molto fantasiosa e piena di immaginazione. Spesso si ferma a guardare fuori dalla finestra, ma invece di vedere gli alberi, le piante e il cielo azzurro, si immagina un mondo fantastico, dove le mosche suonano la batteria, i piccioni bevono birra e Tobia, il cane del vicino, indossa un cappello a scacchi e fuma la pipa.
“Hai visto che bel cielo giallo,” dice alla sua mamma.
“Ma che dici Carolina? Guarda bene: il cielo è azzurro come tutti gli altri giorni.”

La bambina guarda meglio: la mamma ha ragione, ma per non dire che si è sbagliata, Carolina insiste. “Adesso si, ma fino ad un attimo fa era verde.. E la signora Maria Rosa, la moglie del panettiere, l’hai vista? Andava in giro con un bel vestito da nano di  Biancaneve.”
“Ma che dici Carolina?” Interviene papà. “Se i panettieri sono in vacanza.”
“Saranno anche in vacanza, ma lei è tornata di sicuro: L’ho vista passare con quel vestito… non posso certo essermi confusa.. e guarda lì: c’è una scimmia che suona il tamburo..”

“Ma che dici Carolina?” dicono in coro mamma e papà.. “Ma quale scimmia? Quale tamburo..?”
Eppure c’era, pensa Carolina. Io l’ho visto.
Che può farci se la sua testa è piena di sogni e di idee bizzarre.. Vorrà dire che se le terrà per se e non le dirà a nessuno. Per fortuna però la nonna la sta sempre a sentire.

“Hai visto nonna? La tovaglia si è spostata: ha fatto un salto e poi è tornata al suo posto.”
“Hai ragione Carolina… E hai visto come si non spaventati i cucchiai e i coltelli.. Uno di loro è diventato bianco dalla paura..”
“E i piatti allora? Quelli fondi sono diventati piani, e viceversa..”“
“È proprio vero bambina mia.. e hai visto la minestra? Appena se n’è accorta è tornata di corsa nella pentola.” 
Poi si guardano e ridono. È bello avere una nonna con una testa piena di idee matte, pensa Carolina e subito ricominciano a giocare.