LA PRINCIPESSA CAPELLI-VERDI-E-OCCHI-BIONDI

Cosa c'è di più pericoloso del conformismo, soprattutto per i bambini che cercano sicurezze nelle cose note e familiari? Uno dei compiti dei genitori è anche quello di aiutarli a vedere il mondo con occhi nuovi, per cogliere quanto c'è di assurdo nelle convenzioni e nelle verità date per scontate


C’era una volta una Regina, tanto bella quanto buona, molto amata da tutti i suoi sudditi. E anche lei, come tante sue colleghe regine, desiderava tanto avere un bambino; ma più lo voleva e meno arrivava; e meno arrivava, più lei si disperava.
Avvenne così che dopo tanto piangere e tanto disperarsi, il Re suo marito che la amava profondamente, la condusse da una maga potente, perché li aiutasse ad avere il piccolo tanto desiderato.

“Non preoccuparti,” disse la maga alla Regina dopo averle dato una pozione magica. “Tra poco aspetterai un piccolo: ma non sarà un principe, bensì una bellissima Principessa. Torna a casa e già da stasera ripeti a te stessa, nel tuo cuore, come che desideri che sia: il tuo desiderio sarà soddisfatto.”
“Avrò una bambina bellissima,” diceva la regina rientrando a casa, sulla sua bella carrozza. “Con gli occhi verdi come i prati d’Irlanda e i capelli biondi come l’oro di Spagna.” E tutti i giorni si svegliava e ripeteva questa filastrocca:

Avrò una bambina bellissima, con gli occhi verdi come i prati d’Irlanda e i capelli biondi come l’oro di Spagna.
Ripetila oggi, ripetila domani, forse la Regina finì per confondersi; questo nessuno lo sa, perché non eravamo lì a sentire. Fatto sta che quando la bambina venne alla luce, nove mesi esatti dopo quel giorno, aveva gli occhi biondi come l’oro e i capelli verdi come i prati di Irlanda. Avete capito bene, non mi sono sbagliata: gli occhi erano proprio biondi e i capelli verdi brillante, come un prato dopo un temporale estivo: “Oh mio Dio, che tragedia,” si lamentava la bella regina.

“Non dite così, Maestà”, la consolava la balia. “Cosa volete che sia per un piccolo scambio di colori? È tanto bella, che nessuno ci farà caso.” Ma la Regina che conosceva bene il Re, non si dava pace.
“Nessuno la accetterà,” singhiozzava la Regina. “Verrà mandata via, lontano dal castello. Ed è tutta colpa mia.” E giù a piangere.

La buona Regina non si sbagliava: il Re non poteva mostrare al popolo una principessa con dei tratti tanto insoliti e bizzarri, ma per non far morire di crepacuore l’amata Regina, destinò la piccola a vivere in un sotterraneo, insieme alla balia che si sarebbe occupata di lei. La bambina però cresceva forte e sana, aveva lunghi capelli verdi, intrecciati dalla sua balia e occhi gialli come quelli di una pantera. “Perché non usciamo mai di qui buona balia? Perché quella porta è sempre chiusa?”
La balia si rattristava, ma certo non poteva risponderle, a meno di raccontarle quale triste storia le fosse toccata in sorte. La Regina e il Re vivevano sconsolati nel loro bel castello e mai parlavano di quella figlia diversa da tutti gli altri bambini, che il destino aveva portato loro.

Un giorno arrivò in città la maga, quella stessa che aveva aiutato la Regina ad esaudire il suo desiderio e chiese di essere ricevuta dalla Regina. “Maestà, ho sentito dire che la vostra principessa vive prigioniera in un sotterraneo. È possibile questo?” E poiché la regina non sapeva che rispondere, la maga proseguì: “Portatela da me, voglio farle un regalo.”
La Regina non stava in sé dalla gioia e corse più veloce che poté  e con tutte le sue forze spalancò alla porta del sotterraneo. Immaginatevi che sorpresa fu per la ragazza quando la porta si aprì e quella bellissima donna - che lei non ricordava di aver mai visto prima - le prese per mano, tirandola a sé per trascinarla fuori da lì. Quando furono davanti al salone, la ragazza si fermò: non era mai stata in un posto tanto illuminato. Si fece coraggio ed entrò. Decine di persone, attratte dalla curiosità, erano venute per vederla.

“Ooooohhh..” fu il suono che si sentì dalla folla, come lei mise piede nel salone.
“Ma è un mostro,” disse qualcuno.

“È orribile,” disse un altro.
“Non guardarla, presto: andiamo a casa.” E pian piano, come si era riempita, la grande sala si vuotò.

Davanti a lei rimase solo la maga. “Figlia mia, bella principessa: esprimete un desiderio e io sarò felice di soddisfarlo. Ma ne potete esprimere uno soltanto.”
Un solo desiderio. La principessa ci pensò. Avrebbe reso biondi i suoi capelli o avrebbe cambiato il colore dei suoi occhi? Che doveva fare? Cosa era meglio? Come poteva decidere? In quel momento, dietro di sé, sentì la voce della balia: “Principessa chiedete di scambiare tra loro il colore degli occhi con quello dei capelli. È un solo desiderio e metterà a posto ogni cosa.”

La principessa ci pensò un attimo.
“Ma non è questo che voglio,” disse infine.

“E che volete allora?”
“Voglio che tutti mi accettino così: con i miei capelli verdi e i miei occhi biondi. Chi ha deciso che va bene avere occhi verdi e capelli biondi, e non il contrario?”
Ci fu un lungo silenzio.

Poi il Re si alzò. “Questa ragazza mi ha fatto capire una cosa importante: è assurdo
spaccarsi la testa per divedere le cose giuste da quelle sbagliate: solo il coraggio di cambiare le regole aiuta a vedere il mondo con occhi diversi. Da oggi nella mia corte sarà benvenuto chiunque saprà dimostrare che una regola accettata non è diversa da una ritenuta assurda.
Detto questo se ne andò, ma da allora una lunga fila di persone andò dal Re presentare la sua idea e ciascuno trovava cose che non sembravano giuste, ma che potevano benissimo diventarlo.

E a te è venuto in mente qualcosa?

MALEDIZIONE: LEI E' PIU' BRAVA DI ME!

il bambino torna a casa triste perchè la maestra ha fatto un complimento al compagno di banco? L'ha lodato perchè è stato davvero bravo? Non c'è da preoccuparsi, ma è bene imparare sin da ora che ognuno di noi può emergere ed essere bravo in alcuni ambiti, ma è difficile che lo sia in tutti: osservare il lavoro dei compagni senza invidia, nè senso di sconfitta è una lezione importante, per tutta la vita.

Una balena e un cavalluccio marino si ritrovarono compagni di banco, il primo giorno di prima elementare. E per quanto si rendessero conto di essere molto diversi, non ci facevano caso.

La balena, grande e grossa come era, faceva ombra al cavalluccio marino e lo proteggeva con il suo grosso corpo dalle correnti fredde del mare.

Il cavalluccio – da parte sua – aiutava la balena nei piccoli movimenti, come scartare una caramella o cancellare una piccola lettera scritta male. Stavano proprio bene insieme e ogni giorno che passava, sentivano che la loro amicizia stava crescendo.

Questo almeno fino al giorno in cu successe una cosa TERRIBILE: la maestra Delfina, controllando i compiti, fece un bel complimento alla balenottera, che aveva colorato il suo disegno con tinte vivaci brillanti.
Al sentire le parole della maestra, il piccolo cavalluccio si sentì arrossire per la vergogna: la balena era stata brava, questo è vero; ma a lui la maestra non aveva detto proprio nulla. Forse non gli piaceva il modo in cui disegnava o colorava? Sprofondare nella tristezza profonda: non era bravo come la balena, e per questo si sentì solo e molto infelice. Si mise in un cantuccio e non volle più sedere a fianco alla sua amica per un bel pezzo.

La balena continuò a fare bellissimi disegni colorati, ma il suo amico cavalluccio marino le mancava, e da quando lui non l’aiutava più, lei era costretta a magiare le caramelle, con tutta la carta.
Finalmente un giorno la maestra si avvicinò al cavalluccio: “Che succede?” gli chiese. “Mi sembri triste.. “E’ così,” rispose lui. “Non riesco più ad essere amico della balena, perché lei disegna talmente bene, che io mi sento piccolo al suo confronto. E non posso neppure essere amico del Polipo, che nuota molto meglio di me; o del Riccio che è più forte di me.”

La maestra gli fece un bel sorriso: “Povero Cavalluccio Marino, nessuno ti ha spiegato che essere amici vuol dire aiutarsi? La Balena ti insegnerà a disegnare, il Polipo a nuotare veloce e il Riccio a combattere. E tu in cambio che farai?”
“Io? Io non so fare nulla.”

“Ma questo non è vero,” rispose subito la maestra. “Tu balli con eleganza tra le onde, scrivi in modo elegante ed ordinato e quando ti ci metti, inventi delle poesie bellissime.”
“Davvero?” Chiese il cavalluccio raggiante.

“Le più belle della classe,” lo rassicurò la maestra. E il cavalluccio corse a scriverne una bellissima per i suoi amici.
 

LA VERA STORIA DEL PALLONCINO IN AFFIDO

Come è possibile spiegare in modo chiaro e semplice la tematica dell'affido? Come tranquillizzare i protagonisti rispetto alle dificioltà che potrebbero emergere durante e soprattutto dopo?

Forse la cosa più importante è aiutare piccoli (e grandi) a capire il valore che ci può essere in qualsiasi incontro anche se dovesse durare solo per un tempo limitato.

La famiglia Mongolfiera aveva deciso di fare una bella gita: sarebbero partiti all’alba e avrebbero attraversato il lago Argento che era grande come un mare. Volevano arrivare fino alla sponda opposta dove si diceva che ci fossero montagne altissime, piene di neve.
Soprattutto i bambini della famiglia Mongolfiera avevano voglia di vedere le montagne, di toccare la neve. Così Papà Mongolfiero studiò le mappe e scelse il percorso; mamma Mongolfiera preparò sacchetti pieni di sabbia per tutti, da buttare nel lago, quando fosse arrivato il momento di salire in alto e tutti i piccoli Mongolfierini (erano 17) caricarono il loro sacchetti.

Si stavano preparando da giorni, ma il tempo era incerto; poi – finalmente – una mattina papà Mongolfiero fece uno di quei suoi fischi potenti che buttò tutti giù dal letto. “Oggi è la giornata giusta.. Il vento è favorevole: andiamo!”
In fila indiana dietro a Papà, i piccoli Mongolfieri  si misero in ordine di grandezza e si lasciarono sollevare dal vento, verso il cielo. Mamma Mongolfiera partì per ultima, quando fu certa che tutti avevano preso il volo.
Era una mattina bellissima, tiepida e calma.
“Laggiù si vede la Spiaggia dei Nuotatori; e qui sotto di noi, l’Isola dell’Acciuga.”
Papà Mongolfiero spiegava a tutti cosa c’era da vedere, ma i piccoli giocavano tra loro, mentre volteggiavano: si spingevano, si superavano e non ci pensavano proprio a guardare le bellezze naturali che indicava papà.

“Abbiamo visite,” disse ad un tratto Mamma Mongolfiera.
Visite? Ma come, in mezzo al cielo? E chi poteva essere? Girandosi curiosi, i Mongolfieri videro un palloncino rosso che saliva verso di loro.

“Ehi tu? Dove stai andando?” chiesero in coro.
“Veramente sto salendo verso il cielo, ma se mi date una mano, potrei fermarmi qui.”
“Preso!” disse papà Mongolfiero afferrando veloce il filo del palloncino tra le sue corde forti. “Da dove vieni?”

“Noi palloncini siamo bravi a volare in alto, e io sono volato più su della mamma e del papà.. e di tutti i miei fratelli. Adesso però cominciavo ad avere un po’ paura.. Anche voi volate in alto?”
“Veramente noi stiamo andando dall’altra parte del Lago Argento. Facciamo una gita.”

“Oh, che bello. Vi posso accompagnare per un pezzo?”
“Molto di più,” disse Mamma Mongolfiera. “Ci accompagnerai fino alle montagne.”

“E domani,” aggiunse papà Mongolfiero, “ti riporteremo indietro.”
I piccoli Mongolfieri lo guardavano curiosi. Era più piccolo di loro ma molto più veloce e forse anche più coraggioso. “Speriamo sia simpatico,” disse Mongolfierina ad una delle sue sorelle.
Così ripresero il viaggio: papà raccontava delle storie bellissime su tutto quello che vedevano e i piccoli ridevano alle sue battute; anche il palloncino giocava e rideva e la giornata passò veloce.

“Siamo arrivati.” Disse Papà Mongolfiero ad un tratto: davanti a loro si stendeva una lunga fila di montagne verdi, con la punta bianca, piena di neve.
Scesero a toccarla, perché nessuno di loro l’aveva vista prima, neanche il palloncino. Giocarono a palle di neve fino a che si fece buio. “È ora di andare a dormire,” li chiamò Mamma Mongolfiera e li aiutò a legarsi a terra per la notte. “Io come faccio?” Chiese il palloncino. “Il mio filo non è abbastanza lungo.” La mamma lo prese in braccio e lo mise a riposare nel suo cestello, sotto una coperta a scacchi.
La mattina dopo ripartirono: adesso conoscevano la strada e non si stancavano di indicare le cose che avevano visto il giorno prima: “Guarda qui …, guarda laggiù …”  
Anche il palloncino giocava e rideva con i piccoli Mongolfieri e si legava ora all’uno, ora all’altro. Ad un tratto – sotto di loro – videro una fiera e lì, tutti insieme, legati tra loro , c’erano la sua mamma, il suo papà e tutti i suoi fratelli.

“Adesso devo andare..” disse il palloncino. “Mi stanno aspettando. Grazie dei avermi fatto fare un pezzo di strada con voi, e poi di avermi riportato fin qui. È stato un viaggio bellissimo.”

“Grazie a te di essere stato con noi e di averci accompagnato,” disse la Mamma. “Il nostro viaggio è diventato molto più bello ed emozionante, grazie a te.”
“Ma come faccio a scendere?” Chiese il palloncino un po’ preoccupato. “Io sono  bravo a salire, ma non so andare giù..”
“Impara da noi,” disse Mongolfierina e senza pensarci 2 volte gli lanciò uno dei suoi sacchetti. Il palloncino lo afferrò ed ecco che scese veloce, fino alla sua mamma.

“Come sei cresciuto,” disse lei abbracciandolo. “Ma sei diventato una mongolfiera?”
“No, sono sempre un palloncino, ma ho imparato tutti i segreti delle mongolfiere e adesso so salire, ma anche scendere.” E baciò forte la sua mamma.

MA LE MATRIGNE SONO TUTTE CATTIVE?

La nuova compagna di papà o la sua fidanzata... è una matrigna, come quella di Biancaneve e di Cenerentola. Ma è proprio vero che le matrigne sono tutte cattive, oppure alcune sono dolci e accoglienti? 
Vale la pena di parlarne un pò insieme ai nostri bambini e - se riusciamo - di farlo in modo divertente

C’era una volta, nel paese dei Personaggi Cattivi, una casetta rosa con le persiane bianche, dove viveva una matrigna cattiva.

Anzi no, scusate. In quella casetta ci viveva una matrigna, questo sì, ma non era per niente cattiva.Era carina e ben vestita e teneva la sua casa sempre pulita e in ordine.
Tutte le mattine preparava torte alla panna e al cioccolato, per la colazione dei lupi cattivi che passavano di lì, prima di andare nel bosco.

Poi metteva dell’acqua fresca sul davanzale, per far bere i pipistrelli.
Una parte del suo giardino l’aveva destinata al posteggio delle scope, nel caso qualche strega di passaggio fosse stanca del volo; in questo caso la accoglieva e la ospitava anche a cena.

E per gli orchi, quando si perdevano, aveva sempre pronto un letto di paglia nel fienile, dove farli riposare.
Capitò da quelle parti un bambino così coraggioso che non aveva paura di niente. “Voglio proprio vedere se in questo paese dei cattivi ci sono davvero gli orchi e i mostri che si nascondono sotto i letti…”
Cammina, cammina vide case diroccate, piene di fantasmi e scheletri. Capanne di streghe e di orchi, Mostri blu con dieci mila occhi e cento braccia, ma nessuno di questi gli fece davvero paura. Poi, stanco del giro, vide in lontananza la casetta della matrigna. “Chi abita lì dentro?” Chiese ad un lupo che passava di lì.

“La nostra matrigna.” Rispose il lupo digrignando i denti.
Accidenti, pensò il bambino, questa proprio non ci voleva: un conto sconfiggere un orco o  un fantasma. Ma una matrigna? Questo davvero non gli andava e cominciò ad avere paura. Man mano che si avvicinava, sentì una canzone dolce e pensò che fosse la matrigna cattiva che con la sua magia lo stava richiamando a sé.. Ma essendo molto coraggioso, non voleva tornare indietro, anche se le ginocchia cominciarono a battere una contro l’altra.

Quando la matrigna lo vide in lontananza, lo chiamò. “Ehi, tu, bambino. Vieni: c’è la torta alla fragola, appena sfornata.” E intanto il profumo di fragola arrivò fino a lui… Che buona doveva essere, ma il bambino si sentiva tremare tutto dalla paura. E se fosse stato tutto un imbroglio? Se la matrigna se lo voleva mangiare?
In quel momento vide un gruppo di streghe che mangiavano e bevevano nel giardino della matrigna, e non ebbe più dubbi. Si girò e corse più veloce che poté verso casa sua, dalla mamma.

“Peccato,” pensò la matrigna buona. “Era un bambino così dolce.” E tornò dalle sue ospiti: le streghe.
E tu, sei sicuro di non aver scambiato la tua matrigna buona, per una strega, solo perché si chiama MATRIGNA?