FAVOLA PER PENSARE CON LA PROPRIA TESTA

Capita sia ai bambini che agli adulti di farsi influenzare da quello che dicono gli altri; il lavoro educativo consiste anche nell'offrire degli strumenti utili per capire quanto è importante pensare con la propria testa.


Una bottiglia di vino stava in piedi sulla credenza; sulla testa indossava un bel tappo di sughero che lo chiudeva, ma gli dava molto fastidio. Una spugna per lavare i piatti, sdraiata sul lavandino lo osservava. “Perché hai quel tappo sulla testa?”

“Non so,” disse la bottiglia di vino. “Ma non lo voglio più: mi da fastidio.”
"Allora spingi forte,” disse la spugna, “e vedrai che ti sentirai meglio.”
Il tappo non fece tempo a dire “Fermo!” che la bottiglia l’aveva fatto saltare via.
“E’ come se non avessi più la testa,£ disse la bottiglia.
“E ti senti meglio, non è vero?” Chiese la spugna.
“Molto,” rispose la bottiglia.

“Dovresti riposarti un po’, invece di stare in piedi tutto il giorno: perché non ti sdrai come faccio io?”
La bottiglia, senza farselo ripetere due volta, si dondolò a destra e a sinistra e alla fine riuscì a sdraiarsi su un fianco. Il vino cominciò a colare sul piano della credenza e da lì a cadere a terra.
“Ti senti meglio adesso?” Chiese di nuovo la spugna.
“Molto,” rispose la bottiglia, mentre si svuotava.

A quel punto la gatta, richiamata dal rumore del vino che cadeva a terra, si avvicinò e iniziò a berlo. “E’ buonissimo,” pensò tra sé e sé.

"Sei sicura che sia stata una buona idea?” chiese a quel punto la bottiglia alla spugna.
“Ottima,” rispose la nuova amica.

Proprio in quel momento la mamma entrò in cucina. “Che disastro!!” urlò.
Mise in piedi la bottiglia, pulì il vino che colava lungo il mobile e poi sul pavimento. Cacciò la gatta in un’altra stanza e aprì l’acqua, con l’intenzione di lavare il barattolo.

“Scappa,” gli urlò a quel punto la spugna e la bottiglia scivolò via dalle mani della mamma, ma cadde e si ruppe in mille pezzi.
“Che peccato,” disse la mamma. “Avevo tenuto questa bottiglia per metterci il vino e portarla in tavola. Adesso non mi resta che buttare via tutto. Meno male che la spugna mi aiuta sempre a pulire.” E solo in quel momento la bottiglia (che ormai si era ridotto ad un mucchietto di vetri), capì che avrebbe divuto usare la sua testa e chiedere consiglio al tappo, invece di fidarsi dei consigli di altri.

UNA FAVOLA, SE MI PRENDONO IN GIRO..

Come aiutiamo i nostri piccoli se qualche compagno prepotente li prende in giro? L'aiuto migliore consiste nell'aiutarli a difenedersi da soli, trovando dentro loro stessi la forza e le risorse per imparare a difendersi.

La mamma ieri , mentre metteva in ordine la casa, senza volerlo ha lasciata la forbice nello scomparto dei coltelli. Non se ne è neppure accorta, ha chiuso il cassetto ed è corsa a fare la spesa. Ma la forbice invece se n’è accorta benissimo. Intanto il posto era piccolo, ma soprattutto quei coltellacci dispettosi hanno subito iniziato a farle i dispetti. “Come sei cicciona,” le ha detto una piccola lama tagliente. “E non sei neppure affilata.” “E non sai tagliare.” “E guarda invece io che lama lucida: sembra una spada.” Perfino il coltello del parmigiano, piccolo e grassottello com’è, la prendeva in giro.
La forbice però non rispondeva. Sapete, lei non è abituata, perché a casa sua le posate non litigano e il suo papà si arrabbia molto se qualcuno fa i dispetti. Così la forbice ha ascoltato in silenzio tutte quelle cattiverie, ma ha aspettato che smettessero. I coltelli però sono dei veri dispettosi e hanno continuato ancora e ancora e ancora.
“Secondo me tu puoi tagliare solo il brodo,” ha detto il coltello del pane, con tutti quei denti affilati che si ritrova. Tutti gli altri si sono messi a ridere forte. “Sei peggio del coltello del pesce,” ha detto un coltellaccio da cucina e perfino un coltello a due punte, per il formaggio, la guardava ridacchiando sotto i denti. Capirete bene che quella povera forbice resisteva in silenzio, senza rispondere, ma dentro di sé si sentiva triste. “Perché siete così cattivi con me?” Ha chiesto. “Cosa vi ho fatto?”

A quella domanda i coltelli non sapevano che rispondere. “Perché…” ha iniziato un coltello con il manico in legno. Ma non gli è venuto in mente niente altro da dire. “Perché tu…” ha provato un coltello lungo e stretto. “Perché noi…” ha buttato lì un altro. Ma nessuno sapeva che dire.
“Perché sei una piccola forbice cicciona e non sai fare niente.” Ha detto alla fine un coltello da cucina. La forbice allora non ci ha visto più. Ha chiuso gli occhi stretti stretti, ma nel frattempo ha spalancato le sue mascelle e nel fare questo le sue lame si sono messe a brillare. “Ma che dici, non mi conosci neanche.”

“Urca,” ha detto il coltello spaventato, facendo un passo indietro. E allora tutti si sono messi a ridere e il coltello da cucina, pieno di vergogna, è corso a nascondersi in fondo al cassetto.


PER BAMBINI CAPRICCIOSI: LA COCCO-CAPRICCIOSITE

Ogni tanto i bambini ci chiedono di ricevere tutte le nostre attenzioni. Talmente tante che sembrano non bastare mai. E dalla richiesta di coccole, si finisce nel capriccio. Come fare? In questi casi è importante saperli fermare. Occorre saper dire "basta", la parola magica che interrompe questo terribile braccio di ferro che sfianca il genitore ma anche il bambino.

Tanti, tanti anni fa, molto prima che nascessimo sia io che voi, i dottori e gli studiosi di tutto il mondo avevano scoperto una malattia terribile che colpisce i bambini: la “cocco-capricciosite”. Come dite? Non ne avete mai sentito parlare?
Eh, ma certo. È una malattia così spaventosa che i genitori ne sono terrorizzati e non la nominano mai, soprattutto se ci sono dei bambini intorno.
Ma se ora restate in silenzio – e mi promettete di non dirlo a nessuno – io vi racconto di cosa si tratta.

Intanto vi dico che questa malattia non da febbre e neppure vi crescono le bolle in faccia, che prudono e non bisogna grattarsi: peggio, molto peggio!
La cocco-capricciosite attacca quando meno ve lo aspettate.

Supponiamo per esempio che state giocando con papà e siete molto contenti. All’improvviso vi viene voglia di stare con lui moltissimo tempo, e non lo volete lasciare andare al lavoro o in palestra; e poi volete che ascolti tutta una favola che volete raccontargli; e lui non può leggere il giornale e neppure fare una telefonata. E poi volete che vi prepari la merenda. Ma non con le cose che ci sono in casa…Nooo. Deve scendere a comprarvi una focaccia o un ovetto di cioccolato. E poi magari anche un giornalino e una palla.
E il vostro papà (che di cocco-capricciosite se ne intende perché l’ha avuta anche lui quando era piccolo) sicuramente ha rinunciato alla palestra, ha spento il telefono, ha buttato via il giornale, è sceso a comprarvi la merenda e il giornaletto. Ma quando vi viene in mente che volete anche andare al cinema, e preferite andarci in aereo e per la strada volete pure mangiare una torta di compleanno con la panna montata e le fragole, vostro papà perde la pazienza.

Vi è mai capitato?
Ecco fatto, qui comincia la seconda parte della malattia.

Eh si, perché la prima parte del nome, la “cocco”, è legata al fatto che volete tante coccole, ma la capricciosite inizia dopo, quando tutte le coccole che volete non vi bastano e – chissà perché – ad un certo punto la malattia esplode in capricci.
Allora vi viene un prurito alla gola e gli occhi vi si riempiono di lacrime e (anche se voi non vorreste) iniziate proprio a piangere come dei disperati.

Vi è mai successo? È un attacco di Cocco-capricciosite.

Può succedere, ma state tranquilli: non è una malattia mortale.
Se vi capita una volta all’anno, non ci pensate. Non è grave e una volta passa in fretta.

Se invece vi capita più spesso, diciamo una volta alla settimana (o due) allora è necessario trovare un rimedio.
Io – che sono stata molto malata – ho scoperto come si fa a guarire. Quando ero piccola, il mio papà mi ha portato nella capanna di una vecchia maga, sulla riva di un piccolo fiume.

”Quando viene un attacco,” ci ha spiegato la maga, “dovete darvi la mano e pronunciare insieme le parole magiche:
Babastababasta Babastababasta Babastababasta Babastababasta Babastababasta Babastababasta Babastababasta Babastababasta Babastababasta Babastababasta Babastababasta Babastababasta Babastababasta Babastababasta Babastababasta

“Facile,” ho detto io.
“Mica tanto,” mi ha risposto la maga. “Bisogna dirlo tutto d’un fiato. Oppure si ricomincia dall’inizio.”
Da quel giorno, quando sentivamo arrivare la coccocapricciosite, il mio papà ed io ci davamo la mano e poi dicevano la formula magica.

E sapete una cosa? La Coccocapricciosite non mi è più venuta.


PER CUCCIOLI CHE NON HANNO VOGLIA DI ALZARSI LA MATTINA

Alzarsi la mattina, iniziare i rituali di pulizia quotidiana, andare a scuola o all'asilo lasciando la mamma, sono  pesanti per tutti: non solo per i bambini. Farlo attraverso il rito di un gioco è il modo più piacevole e divertente per dare una nota di piacevolezza alla giornata

Malù e un piccolo Orso che vive in una villaggio di orsi, nel Bosco dell’Alce Nero.
Ha dormito tutto l’inverno; profondamente addormentato ha sognato di giocare sul ghiaccio con i sui fratelli, di andare a caccia di miele dolce e di grossi salmoni. Si è sdraiato in un letto caldo, fatto di foglie e di muschio, all’inizio dell’inverno, e ha iniziato un sonno dolce e profondo, interrotto ogni tanto, quando sente freddo, dalla ricerca della sua mamma. Gli si stringe più vicino e si riaddormenta profondamente, insieme a tutti i suoi fratelli. Adesso però l’inverno è finito, la neve si è sciolta e papà e mamma orsa sono già in piedi. “Sveglia cuccioli, è ora di alzarsi: la primavera ci aspetta!” Uno dopo l’altro tutti i cuccioli si alzano ed escono. Chi va a caccia di miele, chi gioca con le farfalle, chi si tuffa nell’acqua fresca del fiume. Solo Piccolo Orso si gira dall’altra parte; ha ancora sonno e non ha nessuna voglia di uscire a giocare.
Allora Mamma Orsa si siede vicino a lui e gli sussurra nell’orecchio: “Guarda Malù, un raggio di sole si è staccato dai suoi fratelli ed è venuto a salutarti” e mentre dice queste parole, con la zampa gli accarezza la testa e la fronte. “Senti Malù, la primavera ti manda il profumo dell’erba e dei fiori,” e intanto con le dita gli sfiora il naso, facendogli un po’ di solletico. Malù si sta svegliando, ma non vuole alzarsi e finge di dormire. “Senti Malù, l’erbetta verde cresce tenera e ricopre la collina con un bel prato verde,” e nel dire questo gli fa il solletico sotto i piedi. Malù a questo punto non riesce a resistere, ma ride e si muove, per interrompere il solletico. La mamma allora lo abbraccia e lo coccola un po’: “È  ora di alzarsi,” gli dice sorridendo, ma Malù infila la testa sotto le foglie e la mamma ricomincia il gioco.

“Ancora una volta e poi ti alzi,” dice Mamma Orsa, e quando ha finito il cucciolo ubbidiente scende dal suo lettino e va a fare colazione.