UNA FAVOLA PER FARLO MANGIARE

A volte i bambini non mangiano. Spesso le insistenze dei genitori si trasformano in "braccio di ferro" interminabili. La favola aiuta ad uscire dalla logica del devi-non voglio, per trasformare il rito del mangiare in un gioco, con cui avrà in mano delle leve per divertire sè stesso e rendere più sereno il momento del pranzo

Giacomino non ama mangiare: suoi genitori lo pregano e lo implorano ma senza successo..

Una notte però il mago Famelicus visita la cucina di quella casa. “Sono stufo di sentire i capricci di questo bambino che non vuole mangiare: si merita una bella lezione.” Fece un incantesimo e sparì.
La mattina dopo, appena sveglia, la mamma andò in cucina a preparare il caffè, ma il barattolo del caffè sembrava incollato al tavolo. Lo stesso accadde  con le tazzine, lo zucchero e i cucchiaini.

Svegliò il papà, che era molto più forte di lei, ma neppure lui riusciva a sollevare le cose che sembravano incollate al loro posto. Tira, forza e spingi, fecero dei grandi sforzi, chiamarono anche i vicini di casa ma non ci fu nulla da fare.
Quando Giacomino andò in cucina, per vedere cos’era quel gran trambusto, vide il piatto di pasta al sugo che aveva lasciato la sera prima. Affamato com’era, si mise in bocca un maccherone, e in quel momento il barattolo del caffè fece un saltello. Tutti si girarono stupiti.
“Che succede?” disse papà.
Giacomino mangiò un altro boccone e la tazzina fece un piccolo balzo sul ripiano. Al terzo boccone, il cucchiaino fece addirittura un salto dentro la zuccheriera. Al quarto due bicchieri fecero un brindisi. Al quinto boccone la tovaglia a quadretti fece ciao ciao con un angolo.
Giacomino aveva capito che quando mangiava, gli oggetti della cucina si muovevano da soli.

Mangiò un altro boccone e la forchetta tintinnò sul piatto; poi, al boccone successivo, l’olio e l’aceto si toccarono facendo cin cin.
“Questa cucina è stregata.” Disse papà.
“Ma no, papà, sono solo io” disse Giacomino, e mise in bocca l’ultimo maccherone. In quel momento un uovo che si trovava sul tavolo prese a rotolare veloce, sempre più veloce e sarebbe sicuramente caduto a terra, se la mamma non lo avesse afferrato al volo.

 “Bravo Giacomino,” disse la mamma. “Hai imparato a far muovere gli oggetti della cucina. E con quest’uovo che ho appena salvato ti preparo una bella torta!”

LA FAVOLA DEL PESCIOLINO CHE NON VOLEVA NUOTARE (timidezza)


Se un bambino si rifiuta di fare sport, spesso dietro c'è la paura di fallire; ma chiudere delle strade nell'infanzia rischia di chiudere per sempre potenzialità e talenti. La favola permette di accettare con tranquillità il fatto che non saremo campioni in tutto quello che facciamo, ma possiamo divertirci con gli altri imparando cose nuove

C’era un volta, in un laghetto di montagna, un pesciolino che non voleva nuotare.

Passava le giornate a guardare fuori dall’acqua: osservava le farfalle e le libellule. Catturava le mosche; contava i pesci di passaggio e – quando proprio si annoiava – gli piaceva pettinare le alghe.
Vicino a lui passavano pesciolini velocissimi, su biciclette acquatiche, su pattini di ghiaccio per pesci di lago e perfino su piccoli sci, con i quali scivolavano sulla superficie. Altri organizzavano gare di tuffi, saltando sempre più in alto, da spaventare i poveri pescatori seduti sulla riva.

“Perché non vieni con noi, pesciolino?” gli chiedevano, quando lo vedevano seduto a mettere in ordine i sassi sul fondo.

“Non mi piace nuotare o sguazzare.” Rispondeva serio quel pesciolino. “Io mi diverto a fare torri di sassi e poi a buttarle giù.” A volte qualcuno si fermava un po’ con lui, a costruire quelle belle torri, ma dopo poco gli veniva voglia di muoversi e di sguazzare e correva via veloce.
“Perché non vai con i tuoi amici?” Gli chiedeva nonna Trota, la più saggia di tutto il lago.
“Te l’ho già detto, nonna.” Rispondeva il pesciolino. “Io mi diverto a fare le torri di sassi; e poi guarda quel cespuglio di alghe: è tutto spettinato. Vado a sistemarlo.”

Le nonne però sono molto furbe (anche quando sono dei pesci) e questa storia non la  convinceva affatto. Così un giorno prese il suo pesciolino per mano e – con la scusa di fare una passeggiata – lo portò in un’insenatura del lago, dove l’acqua era fresca e trasparente; tanti altri pesciolini stavano lì a tuffarsi e a ridere e a giocare. “Aspettami qui,” disse la nonna: “Ho dimenticato le pinne” e fece finta di andarsene. Il  pesciolino si sedette sulla riva, cercò i sassi bianchi giocò con i raggi del sole, ma e risate degli altri catturavano la sua attenzione e si girava spesso a guardarli. Come si divertiva: se solo avesse avuto il coraggio di giocare con loro. Si guardò intorno, la nonna non c’era e allora si avvicinò al bordo e provò a fare un tuffo. Il primo gli venne male, e anche il secondo era un po’ goffo, ma il terzo e il quarto erano perfetti.

Gli altri pesci lo osseravano: “Bravo,” gli disse uno di loro. “Vieni a tuffarti qui con noi.” E sapete che accadde?
Il pesciolino si divertì talmente tanto con i suoi nuovi amici, che è ancora lì che si tuffa.

FAVOLA PER I BAMBINI CHE FANNO FATICA A RISPETTARE LE REGOLE

Le regole sono uno strumento educativo di enorme importanza. Se il bambino si rende conto però di poterle aggirare o trasgredire, è combattuto tra il potere che gli pare di avere e il senso di caos e incertezza che lo assale. Una favola può aiutarlo a ritrovare il senso delle regole, a patto che gli adulti siano in grado di farle rispettare

C’era una volta un bambino talmente forte, ma talmente forte, che gli bastava soffiare forte per rompere i muri e far cadere le case.
Una volta questo bambino – che si chiamava Alessandro – non aveva voglia di andare a scuola: allora soffiò con tutte le sue forze e nel muro della scuola, proprio davanti a lui, si aprì un buco talmente grande da lasciarlo passare. Lo stesso accadde in palestra, e in piscina e a scuola di musica.
Ogni volta che qualcosa non gli piaceva o gli dava fastidio, bastava solo che soffiasse forte e quella parete si apriva a metà, come la porta di un saloon e lo lasciava passare.
“Che bambino forte,” dicevano alcuni.
“È il bambino più forte che si sia mai visto al mondo.” Dicevano altri.  
Qualcuno pensava perfino che fosse un super eroe.

Quello che però nessuno sapeva era che questo bambino, nel suo cuore, si sentiva triste.
Perché mai? chiederete voi, visto che bastava un suo soffio per aprire i muri.
Perché quel bambino si sentiva in pericolo. Se non c’era nessun muro abbastanza forte da resistere al suo soffio, questo significava che niente poteva proteggerlo. Aveva paura di soffiare anche sulle mura della sua casa, farle crollare e distruggere tutto; aveva paura che prima o poi avrebbe fatto del male alla sua mamma, al suo papà e ai suoi fratelli.
“Vorrei un muro talmente grosso e forte che possa resistere al mio soffio potente e sotto al quale io mi possa riparare e non fare del male alle persone che mi vogliono bene.”
Così decise di partire alla ricerca di quel muro.

Si mise uno zaino sulle spalle e partì. Man mano che camminava e incontrava città e paesi, osservava le mura che quegli uomini avevano costruito. Ma ogni volta si avvicinava, soffiava e il muro si sgretolava davanti a lui, in tanti pezzi. Cammina, cammina, cammina, la storia non cambiava mai.
Poi finalmente arrivò sulla riva del mare. Il tempo stava peggiorando e grossi nuvoloni si addensavano sulla spiaggia: si stava preparando una brutta tempesta.
In quel momento gli si avvicinò una vecchina: “Vieni con me, bambino; qui tra poco ci sarà l’inferno.” E lo portò nella sua piccola capanna. Il bambino la seguì, ma si mise alla finestra ad osservare la tempesta che arrivava. Onde altissime correvano sulla spiaggia e la strappavano via. Gocce pesanti di pioggia la colpivano dall’alto e trasportavano tutto nel mare. Solo la piccola capanna resisteva. Quando finalmente la pioggia cessò, il bambino chiese alla vecchina: “Come è possibile che questa piccola capanna non sia crollata sotto la forza del mare in tempesta?”
“Ti voglio raccontare il mio segreto,” gli disse la vecchina. “I muri di questa capanna resistono a qualsiasi tempesta, perché sono stati costruiti dal mare stesso.”
“Davvero?” Chiese il bambino curioso.
“Certo. Nessun può distruggere quello che lui stesso ha costruito.”
“Ma allora, il muro che sto cercando, lo devo costruire io?”
“Proprio così,” rispose la vecchina. “Torna dalla tua mamma e costruisci con lei un muro forte, che tu e lei e tutta la tua famiglia sarà  pronta a difendere, e quel muro non cadrà mai.”
Così il bambino, ringraziò la vecchina, corse dalla sua mamma e le raccontò tutta la storia.
E indovinate un po’: quel bambino costruì una casa bellissima per sé e per la sua mamma. E le mura che il bambino aveva scelto di costruire erano solide e forti e che proteggevano i loro abitanti e nessun soffio riuscì più a farle cadere.


QUANDO ARRIVA UN FRATELLINO O UNA SORELLINA

L'arrivo di un fratellino o di una sorellina, spesso ci fa temere di non essere più amati: è compito del genitore dare un posto a ciascuno - all'interno della famiglia - per tranquillizzare i figli più grandi che non perderanno l'amore dei genitori, ma anzi avranno l'affetto di un nuovo compagno di giochi

La piccola Alessia stava tanto bene a casa con papà e mamma: avevano occhi solo per lei.

Poi un giorno, la mamma la prese in braccio e le spiegò che stava per succedere qualcosa di importante. Papà le disse che doveva aiutarli, perché non sarebbe più stata lei la più piccola.
Alessia non capì bene, ma si accorse di alcuni cambiamenti. Il primo era la pancia di mamma che stava lentamente cominciando a crescere. Il secondo la sua vecchia culla che era stata riportata in casa, con i giocattoli che usava da piccola.
Allora Alessia capì ed ebbe molta paura. Pensò che se stava arrivando un piccolo, tutti si sarebbero occupati di lui e nessuno avrebbe avuto più il tempo di pensare ad Alessia. Ma il suo papà capì tutto, la prese sulle spalle e le disse: “Non ti devi mai preoccupare, perché tu sarai per sempre la nostra PRIMA bambina, e non ce ne sarà mai un'altra prima di te.”

La mamma le prese la mano e le spiegò che nella pancia, stava crescendo una bambina come lei, solo molto più piccola e che Alessia le avrebbe insegnato tante cose che sapeva. E così fu: quando il piccolo arrivò, trovò ad aspettarla il papà, la mamma e la sua sorellina maggiore Alessia, che le aveva preparato un disegno bellissimo e che non aspettava altro che insegnarle come farne tanti bellissimi e colorati.